I lavoratori di Almaviva torneranno a farsi sentire con l’ennesimo urlo in piazza di disperazione. Un nuovo sit-in è stato annunciato per giovedì alle ore 10 davanti alla Presidenza della Regione Siciliana. A mobilitarli è la profonda delusione per quella che i sindacati definiscono «una marcia indietro» da parte dell’azienda, un tempo leader nazionale nel settore dei call center, oggi sempre più lontana da quel comparto. A preoccupare è soprattutto il netto rifiuto, da parte dell’azienda, di prorogare la cassa integrazione fino al 31 dicembre, misura considerata fondamentale per permettere la realizzazione di due percorsi occupazionali: il coinvolgimento nel Progetto 116/117 – il servizio nazionale sanitario gestito dal ministero della Salute e dalla Regione – e l’inserimento nei processi di digitalizzazione degli archivi regionali, finanziati con fondi PNRR e gestiti dal Dipartimento delle Infrastrutture Digitali.
Una posizione giudicata inaccettabile dai sindacati, che parlano senza mezzi termini di una trattativa riportata «al punto di partenza». Secondo quanto emerso nell’incontro al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 7 luglio, fase amministrativa della procedura di licenziamento collettivo, Almaviva avrebbe ribadito il proprio diniego ad ogni forma di proroga, scegliendo invece di offrire incentivi economici per chiudere la vertenza e accompagnare i lavoratori verso il licenziamento.
«Abbiamo dovuto registrare un sostanziale passo indietro, vista la posizione intransigente di Almaviva Contact che rifiuta qualsiasi proposta di proroga della cassa integrazione», affermano i sindacati, che accusano l’azienda di voler chiudere definitivamente i conti con il settore, lasciando centinaia di lavoratori senza prospettive. Il prossimo appuntamento sarà il 23 luglio, in un nuovo incontro nazionale che, nelle intenzioni dei rappresentanti dei lavoratori, dovrà vedere la presenza e l’impegno diretto delle istituzioni regionali.
«Dopo il fallimento delle iniziative di politiche attive del lavoro portate avanti da Sviluppo Italia, dove non si è generato un solo posto di lavoro – proseguono le organizzazioni sindacali – chiediamo con forza un intervento politico su base nazionale per ridare dignità a lavoratori che, durante l’emergenza pandemica, sono stati fondamentali per garantire servizi pubblici essenziali e che oggi vengono abbandonati con qualche spicciolo in tasca, dopo vent’anni di servizio. La loro età media è di 50 anni: il tempo per nuove opportunità lavorative si restringe sempre più, e il loro futuro è ipotecato».
Da qui l’appello rivolto al presidente della Regione Siciliana e agli assessorati alle Attività produttive, al Lavoro e alla Salute: «Chiediamo che siano presenti il 23 luglio per certificare garanzie concrete a sostegno della risoluzione della vertenza. Non si può più restare in silenzio davanti al rischio concreto di centinaia di licenziamenti».