Il caso della morte di Aurora Maniscalco, la giovane hostess palermitana di 24 anni precipitata dal terzo piano di un palazzo a Vienna alla fine di giugno, non è affatto chiuso. Non per la Procura di Palermo, che ha disposto il sequestro della salma e l’autopsia. La famiglia della vittima è da sempre convinta che non si sia trattato di un suicidio.
Aurora è morta in ospedale dopo alcuni giorni di agonia, a seguito delle gravissime ferite riportate nella caduta. La sua morte era stata inizialmente classificata come un gesto volontario dalle autorità austriache, che si erano basate sul racconto del fidanzato, Elio Bargione, anche lui palermitano, 27 anni, assistente di volo come lei. L’uomo ha riferito di una lite avvenuta poco prima del volo nel vuoto, e alcuni passanti avrebbero confermato di aver visto la ragazza lanciarsi. Ma i familiari non hanno mai creduto a questa versione.
“Nei giorni scorsi c’era stata una lite tra loro. Nessuno di noi crede che si sia trattato di un suicidio”, hanno dichiarato i parenti della ragazza, che si erano subito rivolti a un avvocato per chiedere l’intervento della magistratura italiana. È stato proprio su richiesta del legale della famiglia che i magistrati palermitani hanno chiesto e ottenuto l’esame autoptico, che sarà effettuato presso l’istituto di medicina legale del Policlinico di Palermo. Si tratta di un atto irripetibile e urgente, in attesa che il fascicolo venga poi trasmesso alla Procura di Roma, che per legge è competente nei casi di reati all’estero con vittime italiane.
Nel frattempo, lo stesso Elio Bargione è stato formalmente iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di istigazione al suicidio. Una misura che non implica necessariamente una colpevolezza, ma che consente alla magistratura di svolgere ulteriori accertamenti anche con eventuali consulenti di parte.
Aurora si era trasferita a Vienna da tre anni, dove aveva lavorato per la compagnia Lauda Air. Di recente, però, aveva lasciato il lavoro da hostess. Secondo quanto riferito dai familiari, i rapporti con il fidanzato sarebbero stati tesi da tempo, con continui alti e bassi, tanto che la ragazza si era anche allontanata da casa. In un periodo difficile, avrebbe trascorso del tempo a Praga, ospite di un amico, prima di fare ritorno in Austria. A maggio era tornata a Palermo, dove secondo chi l’ha incontrata appariva serena e intenzionata a iscriversi a un corso di lingua tedesca.
“Non era depressa, aveva progetti – insistono i parenti –. Voleva riprendere a studiare e cambiare aria. Non crediamo affatto al suicidio”. Rimangono inoltre molti interrogativi senza risposta: i familiari si chiedono perché il fidanzato abbia avvisato prima i suoi genitori, che si sono subito recati da lui, e soltanto dopo diverse ore quelli di Aurora. E ancora, perché la foto del profilo WhatsApp della ragazza sia sparita, così come il suo ultimo accesso.
Intanto la famiglia, devastata dal dolore, chiede giustizia e verità. Il padre della giovane vive a Rimini, la madre in Sicilia: entrambi si erano precipitati a Vienna subito dopo la tragedia, assistiti dall’ambasciata italiana.
“L’unica cosa che chiediamo è che venga fatta piena luce su quanto è accaduto – dicono oggi – perché la nostra Aurora non si sarebbe mai tolta la vita. Era una ragazza piena di energia e di sogni”.