L’omicidio di Piersanti Mattarella, allora presidente della Regione Siciliana e fratello dell’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, rappresenta uno degli episodi più drammatici e controversi della storia recente italiana. Avvenuto il 6 gennaio 1980, questo delitto ha da sempre sollevato interrogativi complessi, legati alla commistione tra mafia, politica e altre forze oscure che hanno segnato il nostro Paese. A distanza di 45 anni, una nuova svolta investigativa sembra riaprire scenari che in passato erano stati accantonati. Secondo quanto riportato dal cronista Riccardo Arena nell’edizione di oggi del Giornale di Sicilia, l’ipotesi di una convergenza di interessi tra terroristi neofascisti e Cosa nostra – una pista che per anni ha dominato il dibattito pubblico e giudiziario – potrebbe essere definitivamente archiviata.
La pista mafiosa e le nuove indagini
Le ultime indagini, riaperte da alcuni anni ma recentemente accelerate, si concentrano sulla responsabilità diretta di killer mafiosi. Al centro della nuova ipotesi c’è una fotografia scattata sul luogo del delitto il giorno dell’omicidio. L’immagine, custodita negli archivi del Giornale di Sicilia, ritrae un’auto sospetta che, secondo gli investigatori, potrebbe essere ricondotta a figure note dell’entourage di Cosa nostra.
Tra i nuovi indagati emergono due nomi di peso: Antonino “Nino” Madonia, figlio del boss Ciccio Madonia, e Giuseppe Lucchese, entrambi già noti alle cronache giudiziarie per il loro ruolo centrale nella mafia palermitana. Madonia, indicato da anni come coinvolto nel delitto, non era mai stato formalmente giudicato per l’assassinio di Piersanti Mattarella.
Un delitto politico di matrice mafiosa
Questa nuova pista rafforza l’idea che l’assassinio fosse un delitto di matrice esclusivamente mafiosa, maturato nel contesto di un quadro politico e istituzionale altamente instabile. Come dichiarato da Emilio Miceli, presidente del Centro Pio La Torre, l’omicidio di Mattarella rientra in una serie di attacchi mirati a destabilizzare gli equilibri democratici del Paese, simili a quelli di Matteotti, Moro e La Torre.
Il giorno del delitto
Il 6 gennaio 1980, Piersanti Mattarella fu colpito a morte mentre si trovava nella sua Fiat 132 insieme alla moglie Irma Chiazzese, ai figli Maria e Bernardo, e alla suocera. Il killer, descritto come un uomo dagli occhi di ghiaccio, agì con estrema freddezza, sparando prima con una calibro 38 e poi con una Smith&Wesson. Sergio Mattarella, che abitava di fronte al luogo dell’agguato, fu tra i primi a soccorrere il fratello morente, un’immagine simbolica immortalata dalla fotografa Letizia Battaglia.
Il contesto storico e la ricerca della verità
Il delitto Mattarella rappresenta uno snodo cruciale nella storia italiana. Giovanni Falcone, parlando di quel periodo, sosteneva che la verità su determinati fatti avrebbe potuto riscrivere “la storia di certe vicende del nostro Paese, anche da tempi assai lontani.” L’ipotesi di una complicità tra mafia e terrorismo neofascista, benché suggestiva, non ha mai trovato riscontri decisivi, e oggi sembra lasciare spazio a una ricostruzione più lineare che punta il dito verso la mafia.