Un nuovo capitolo di indignazione si è aperto dopo la pubblicazione, da parte del settimanale Gente, di un’intervista esclusiva a Salvo Riina, figlio del sanguinario boss di Cosa Nostra, Totò Riina. Le dichiarazioni del giovane Riina, che ha parlato della “situazione infernale” delle carceri italiane, hanno suscitato la ferma condanna di Sonia Alfano, figlia del giornalista ucciso dalla mafia Beppe Alfano e da anni impegnata nella lotta contro Cosa Nostra.
In un lungo post sul suo profilo Facebook, Sonia Alfano ha denunciato con forza il messaggio implicito e pericoloso dietro l’intervista, definendolo “un oltraggio al dolore delle vittime innocenti della mafia” e una “sfrontata sfida alle istituzioni”.
La polemica sui social
L’indignazione nasce non solo dall’intervista, ma anche dall’attività pubblica di Salvo Riina, che già dieci giorni fa, in occasione dell’anniversario della morte del padre Totò Riina, aveva pubblicato un post di commemorazione sui suoi social. Un messaggio che Alfano ha definito “inquietante” e che ha raccolto migliaia di like, commenti di stima e vere e proprie dichiarazioni di ammirazione nei confronti del boss mafioso.
“Anziché indignazione e condanna – scrive Alfano – abbiamo assistito a un assordante silenzio da parte della politica e dei media. Questo silenzio è stato ulteriormente aggravato dalla decisione di Gente di elevare Salvo Riina a personaggio di interesse pubblico, dandogli una piattaforma per esprimere opinioni su un tema importante come quello delle condizioni carcerarie”.
Una pericolosa “riabilitazione”
Alfano non ha risparmiato critiche ai tentativi, sempre più frequenti, di riabilitare l’immagine della famiglia Riina. “Nessuno di loro ha mai rinnegato le gesta sanguinarie della famiglia”, sottolinea, ricordando come Salvo Riina abbia più volte sfruttato libri, fiction e interviste per “pubblicizzare il marchio di famiglia”.
L’attivista lancia un appello chiaro: “La famiglia Riina deve essere relegata al silenzio e al dimenticatoio. Dare spazio ai carnefici significa annientare il ricordo delle vittime della mafia”.
Il rischio per la memoria collettiva
Sonia Alfano mette in guardia dal rischio di riscrivere la storia attraverso operazioni mediatiche che, a suo avviso, finiscono per legittimare figure legate alla mafia. “Questo modo di ridisegnare la storia è una rappresentazione della peggior cattiveria e volgarità d’animo”, scrive, puntando il dito contro chi, con leggerezza, offre spazio a coloro che non hanno mai mostrato pentimento o condanna per gli atroci crimini di Cosa Nostra.
Un monito all’informazione
Infine, Alfano richiama il ruolo fondamentale che i media dovrebbero svolgere in una democrazia, evidenziando che dare voce ai mafiosi e ai loro familiari non è compatibile con la missione di raccontare la verità e preservare la memoria delle vittime. “Se davvero si vuole affrontare il problema delle carceri italiane, si dia voce a detenuti che non si sono macchiati di atrocità. Riina taccia e si ricordi che l’inferno lo ha inflitto la sua famiglia a tutti noi”.