Palermo: servirebbero Morandi, Tozzi e Ruggeri in panchina – LE PAGELLE

"Si può fare di più". Ma quando?

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Probabilmente a Coverciano non fanno più la lezione su “squadra che vince non si cambia” o – se è ancora nel programma – evidentemente l’allenatore del Palermo, Mignani, quel giorno era assente e quegli sfriggiusi dei colleghi non gli hanno passato le slides. Perchè siamo d’accordo che il Venezia non sia la Sampdoria e che Vanoli non sia Pirlo, ma appiattirsi sui lagunari solo per un attacco di strizzarella acuta modificando lo stile di gioco espresso con i blucerchiati è parso un suicidio tattico davvero banale.

PRIMO TEMPO: CHE BARBA, CHE NOIA

La partita è ricca di emozioni come un film coreano con i sottotitoli in croato. Ci provano Soleri, Lucioni e Diakitè per il Palermo ma con tentativi probabilistici simili alla ricerca di un 6+1 al Superenalotto senza avere nemmeno giocato la schedina. Il Venezia, invece, è lì, che gioca al gatto col topo, anzi al bracconiere con l’aquila. Fischio di Giua. Dalle parti del Barbera si materializzano di colpo Gianni Morandi, Enrico Ruggeri ed Umberto Tozzi che intonano quello che avrebbe dovuto gridare (chissà se lo ha fatto) Mignani negli spogliatoi: “si può dare di più”.

SECONDO TEMPO: IL PORTO D’ARMI DI PIERINI FA LA DIFFERENZA. PALERMO K.O.

La partita non cambia, anzi sì. Dopo un quarto d’ora Pierini approfitta del piazzamento da sfilata di moda primavera/estate della difesa rosanero e scaglia un terra/aria alla velocità della luce gridando “va pigghiala!” al povero Desplanches. Da quel momento svanisce quel minimo di calcio che si era visto e, tra le 684 sostituzioni fatte dai due tecnici (incomprensibili alcune rosanero), gente che sveniva ogni venti secondi che manco al Pronto Soccorso l’indomani di Santa Lucia e accenni di aggaddo stile Via La Lumia il sabato sera, la partita arriva alla fine. A festeggiare è il Venezia, per il Palermo solo rimpianti.

LE PAGELLE

Desplanches 6. Incolpevole sul gol, svolge ordinaria amministrazione. Si fa male sul finale e le sue lacrime sanno di addio anticipato alla stagione dopo aver giocato la bellezza di 4 partite in una stagione.

Graves 6. Il muretto di Holstebro fa il suo contro gli avanti lagunari, alternando la ruvidità della mazza chiodata alla classe del martello pneumatico.

Lucioni 5,5. Vince di gran lunga il duello contro il “Doge biondo” e ha una buona occasione di testa. Ma nell’occasione dei lagunari lascia a Pierini il tempo di finire 3 sudoku, 4 sciarade e 7 quesiti della Susy. Enigmistico.

Marconi 6,5. I playoff col Palermo gli fanno l’effetto di quelle famose compressine blu a base di sildenafil. Non sbaglia nulla, contribuendo dal suo lato a mettere la museruola agli attaccanti del Venezia.

Diakitè 6,5. “Baracus” ara la fascia destra come un ossesso per novanta minuti più recupero. Vorrebbe pure siglare il suo quarto gol in tre partita, ma anche i miracoli hanno un limite.

Segre 6. Sufficienza stiracchiata per il Dottore. Gli ordini di scuderia sono il contenimento e allora si adegua a fare legna in un centrocampo più affollato del 101 all’ora di punta.

Gomes 5. “Willis Jackson” non costruisce e non distrugge, È la famosa sedia che avrebbe preferito Beccalossi al posto del compagno Hansi Müller: gli tiri il pallone e ti torna magicamente indietro.

Dal 74° Insigne s.v.

Ranocchia 6,5. È fisicamente in palla. Prova ad inventare per i compagni di destro, sinistro, testa, tibia, osso pizziddo, orecchio, naso e gola ma predica nel deserto di una manovra che non manovra.

Dal 90° Di Francesco s.v.

Lund 5,5. Se il diktat era “un ti moviri e un fari danno”, missione compiuta. Viceversa l’apporto alla causa di Pendo-Lund è stato troppo limitato. Si fa male e probabilmente Venezia la vedrà in una bella cartolina che gli faranno recapitare i compagni.

Dal 69° Di Mariano 6. Rientra dall’infortunio con la voglia di spaccare il mondo. Non ci riesce, ma Mignani ha un’arma in più per la gara di ritorno. Bentornato, Kekko.

Soleri 5,5. Sgomita, lotta, si sbatte dentro e fuori l’area, prende botte, calci, pugni, muzzicuna e pizzicuna. Tuttomoltobello, ma la voce “palle-gol” è prossima allo zero e per un attaccante non è il massimo dei risultati ottenibili.

Dal 69° Traorè 5. “Mister dieci milioni”… di motivi per i quali non avrebbe dovuto fare il suo ingresso in campo in questa partita. Lui e il pallone sembrano due calamite con lo stesso polo: si respingono.

Brunori 5,5. Gioca a distanza siderale dalla porta in un ruolo che non è né quello della punta né quello dell’esterno apprezzato contro la Samp. E che le cose non girino per il verso giusto si capisce quando inizia ad incartarsi con tentativi di giocate che manco con i tasti R1-L1-cerchio-quadrato della famosa consolle per i videogiochi.

Mignani 5. Dopo aver fatto la voce grossa contro la Sampdoria diventa afono al cospetto del Venezia di Vanoli, passando da Mignani a mignon. Sciupa il fattore entusiasmo ridisegnando una squadra che aveva giocato la migliore partita della stagione e la gestisce ancora peggio con cambi che sembrano più estratti a sorte da Amadeus ad “Affari tuoi”. Adesso, per arrivare in finale, serve un miracolo a santi riuniti. E forse non basta nemmeno.